Intervista “Vivi Consapevole”
Intervista apparsa sulla rivista “VIVI CONSAPEVOLE” Aprile 2011
Secondo stime mediche si calcola che ben il 30% della popolazione italiana abbia un qualche problema alla tiroide, mentre i noduli tiroidei sarebbero presenti almeno nel 10% degli italiani. Nonostante sia una malattia nota da oltre un secolo, però, non sempre è facile riconoscerne i sintomi. Il dottor Raul Vergini, autore di Ipotiroidismo. Un’emergenza ignorata, ci spiega quali rischi può causare una ghiandola mal funzionante.
Che cos’è la tiroide e perchè è un organo così importante?
La tiroide è una ghiandola endocrina, cioè una ghiandola le cui secrezioni (definite ormoni) sono immesse direttamente nel sangue. Gli ormoni sono dei messaggeri chimici che trasmettono segnali da una parte all’altra dell’organismo. Essi viaggiano nel circolo sanguigno partendo dalle ghiandole che li producono fino ad arrivare alle cellule bersaglio. Ogni ormone ha un’azione specifica su certe cellule o tessuti e ne regola l’attività o il metabolismo. Una volta giunti in prossimità delle loro cellule bersaglio, gli ormoni vengono riconosciuti da particolari molecole chiamate recettori. Una volta che il recettore ha legato l’ormone, la cellula ha per così dire ricevuto il messaggio e può dare inizio a quella particolare attività funzionale. La tiroide produce vari ormoni, ma i più importanti sono il T3 ed il T4, che vengono prodotti unendo degli atomi di iodio ad un aminoacido chiamato tirosina. La funzione degli ormoni tiroidei è quella di regolare i processi metabolici, cioè la produzione e l’utilizzo di energia all’interno delle singole cellule e di conseguenza nell’intero organismo. Nella prima parte della vita questa ghiandola ha anche una funzione di controllo sulla crescita in quanto favorisce la crescita tissutale e lo sviluppo fisico e mentale. Da questo se ne deduce facilmente l’estrema importanza per la nostra salute e per l’equilibrio delle principali funzioni del nostro organismo.
Quali sono le patologie più comuni che possono interessare la tiroide?
Le patologie che colpiscono la tiroide sono soprattutto l’ipotiroidismo (cioè una ridotta attività tiroidea), l’ipertiroidismo (una aumentata attività tiroidea), la formazione di noduli ed infine i tumori della tiroide. Fra questi, quella di gran lunga più comune è l’ipotiroidismo, che secondo le statistiche ufficiali interesserebbe circa il 5% della popolazione, mentre altri autori (fra cui il sottoscritto) sono convinti che invece interessi, in un modo o nell’altro, ben oltre il 50% della popolazione.
Quali sono i sintomi dell’ipotiroidismo?
I sintomi dell’ipotiroidismo sono moltissimi e a volte possono simulare quelli di altre patologie e questo rischia di portare fuori strada il medico che non sia non molto esperto di questa patologia, specie nei casi (purtroppo frequenti) in cui gli esami di laboratorio non sono in grado di rivelare il problema. Quelli qui di seguito indicati sono i sintomi ed i segni più comuni dell’ipotiroidismo, ma l’elenco non è certamente esaustivo, nel libro ne ho citati molti altri:
o Temperatura corporea bassa
o Stanchezza e debolezza cronica
o Freddolosità, intolleranza al freddo
o Aumento di peso, obesità
o Mixedema, soprattutto al viso (attorno agli occhi e alla mandibola), alle mani, agli arti.
o Stitichezza
o Pelle pallida e secca
o Sudorazione ridotta
o Estremità fredde e umide (viscide)
o Infezioni ricorrenti soprattutto delle vie respiratorie (naso, gola, orecchie, bronchi)
o Debolezza immunitaria: infezioni frequenti, candida
o Unghie fragili, morbide, giallastre, striate o con solchi, letto ungueale pallido
o Capelli fragili, sottili, secchi e opachi, caduta dei capelli, specialmente su fronte, nuca e zone temporali.
o Diradamento dei peli, soprattutto su braccia, gambe (esterno del polpaccio) e ascelle
o Diradamento o scomparsa del terzo esterno delle sopracciglia (segno di Hertoghe)
o Diradamento delle ciglia
o Ipoglicemia (sintomi più comuni: cefalea, brividi, sudorazione, tachicardia, stanchezza, senso di svenimento, ansia fino ad attacchi di panico, ecc.)
o Appetito ridotto, fino all’anoressia, oppure appetito aumentato.
o Gonfiore e pallore delle membrane mucose
o Labbra inspessite
o Colorito rossastro sulle guance
o Occhi rossi, irritati, secchi
o Voce roca e profonda
o Eloquio lento e monotono
o Mimica lenta
o Movimenti lenti
o Macroglossia (lingua ingrossata) spesso con impronta dei denti sui lati
o Indolenza, apatia, pigrizia, svogliatezza
o Sonnolenza, letargia
o Ipotonia (ridotto tono muscolare)
o Iporiflessia (riflessi diminuiti), specialmente del tendine di Achille
o Carotenemia (colorazione giallastra del palmo di mani e piedi dovuta all’incapacità del fegato di convertire il beta-carotene in vitamina A) (nei casi severi)
o Depressione, umore malinconico
o Diminuzione della memoria e dell’attività mentale
o Stanchezza mentale
o Difficoltà di concentrazione
o Vertigini e giramenti di testa
o Riduzione o scomparsa del desiderio sessuale
o Disturbi e alterazioni del ciclo mestruale e Sindrome Premestruale
o Infertilità, incapacità di rimanere incinta
o Cefalea ed emicrania
o Gonfiore alle caviglie
o Ipotensione (pressione arteriosa bassa)
o Polso lento (bradicardia) e molle
o Toni cardiaci deboli
o Dermatiti, eczemi, psoriasi, brufoli, acne
o Dolori articolari e muscolari
o Debolezza muscolare
o Crampi muscolari
o Allergie
o Dislipidemia (colesterolo aumentato)
o Lassità dei legamenti (piede piatto, iper-flessibilità, scoliosi, postura piegata in avanti, valgismo, tendenza alle distorsioni, rotula dislocata)
Chi ne soffre maggiormente?
Si ritiene che le donne soffrano più spesso di ipotiroidismo (come di altre patologie della tiroide) rispetto agli uomini, fino a 5-6 volte di più. In realtà, dato che l’incidenza di questo problema è assai più elevata di quanto comunemente si pensi, ne soffrono anche parecchi uomini, anche se verosimilmente in numero comunque inferiore alle donne. Anche i bambini possono essere interessati da questo problema.
Perchè l’ipotiroidismo è una malattia così pericolosa?
L’ipotiroidismo è una malattia che non crea solo i sintomi più o meno fastidiosi che abbiamo elencato più sopra, ma che può accorciare drasticamente la nostra prospettiva di vita aumentando la possibilità di essere colpiti da patologie degenerative come il cancro o le malattie cardiovascolari. Così come può impedire il concepimento o il portare avanti una gravidanza. Insomma, rendere la nostra vita un inferno. Ed è ancora più pericolosa proprio per il fatto che troppo spesso non viene correttamente diagnosticata e quindi trattata adeguatamente, e anche quando viene riconosciuta, la terapia consigliata non è sempre la migliore.
Oggi si fa un gran parlare di prevenzione e la tiroide è un organo conosciuto da oltre un secolo. Come mai allora molte volte la disfunzione tiroidea, e più nello specifico l’ipotiroidismo, è ignorato dai medici, tanto da poter essere considerata un’emergenza ignorata?
Ritengo che sia una vera emergenza in quanto questa patologia può condizionare e rendere difficile la vita di un gran numero di persone, ma è ignorata perchè il medico, ma anche lo specialista endocrinologo, troppo spesso non è in grado di diagnosticarla perché per farlo si basa solo sui risultati di un paio di esami di laboratorio che sappiamo essere in molti casi assolutamente inadeguati per la diagnosi. Per questa ragione vorrei che il mio libro fosse letto non solo da coloro che già sanno di soffrire di un problema di questo tipo, ma soprattutto da coloro che non lo sanno, ma che vagano da un medico all’altro senza riuscire a risolvere i loro problemi. Se i loro sintomi rientrano in quelli elencati più sopra (o negli altri elencati nel libro) ci sono buone possibilità che essi derivino da un ridotto funzionamento degli ormoni tiroidei e che quindi ci sia speranza che anche loro possano trovare un qualche sollievo alle loro sofferenze.
Nel libro Lei si sofferma molto sull’insufficienza diagnostica attuale. A cosa si deve, perché i medici non prestano attenzione a un organo invece così fondamentale?
In realtà non sono i medici a non prestare attenzione alla tiroide, è la medicina moderna che ha basato tutto sugli esami di laboratorio trascurando la clinica, cioè lo studio da parte del medico dei sintomi e dei segni che il paziente presenta. La tecnica medica ha fatto indubbiamente passi da gigante negli ultimi decenni e non possiamo che esserne felici ma a volte, come nel caso della ridotta funzionalità tiroidea, la fiducia cieca e spesso acritica dei medici negli esami di laboratorio può impedire una corretta diagnosi ed una efficace terapia. Il laboratorio, è un ausilio spesso assai prezioso, ma non può e non deve sostituirsi all’esame clinico del paziente e al ragionamento deduttivo del medico. Quando laboratorio e clinica sono in conflitto, a mio parere (ma anche secondo logica e buon senso), dovrebbe essere la clinica ad averla vinta. Invece, troppo spesso, il medico dà più importanza a delle “macchie di inchiostro su un foglio di carta” piuttosto che ai disturbi del paziente che ci consulta per chiederci aiuto.
E questo problema nel caso della tiroide è ancora più grave perché in un gran numero di casi gli esami che il medico eventualmente richiede (spesso solo TSH e FT4) non sono in grado di confermare la diagnosi di ipotiroidismo, sia perché la loro attendibilità e precisione non è così elevata, sia perché ci sono molti casi di ipotiroidismo in cui la quantità di ormoni nel sangue può sì essere “normale” (cioè rientra nei range del laboratorio) ma questi non possono comunque svolgere la loro funzione, per esempio in caso di ridotta conversione da T4 a T3, o in caso di resistenza periferica agli ormoni, o di problemi a livello dei recettori cellulari degli ormoni, o di eccessivo legame di questi con le proteine di trasporto, ecc.
E la cosa più assurda è che in un caso come questo, cioè se siamo così sfortunati che i nostri esami del sangue rientrino nei range di normalità, anche se andassimo nel più importante centro di endocrinologia italiano o straniero otterremmo sempre la stessa risposta: “La sua tiroide è a posto”.
Nella migliore delle ipotesi ci verrà detto che forse è solo lo stress e ci verrà consigliata una bella vacanza. Nella peggiore saremo indirizzati ad una serie di altri specialisti per cercare di scoprire quale sia la “vera” patologia di cui soffriamo, o al limite ci verrà prescritto qualche ansiolitico e/o antidepressivo. In ogni caso, naturalmente, i nostri disturbi resteranno pressochè invariati.
Che cosa è la bio-endocrinologia?
Il termine bio-endocrinologia è un neologismo che abbiamo creato per cercare di tradurre il concetto espresso dall’acronimo inglese BHRT (Bio-Identical Hormone Replacement Therapy) cioè “terapia ormonale sostitutiva con ormoni bioidentici” ma anche per indicare un approccio in generale più naturale alle problematiche di origine endocrina.
In realtà il termine terapia sostitutiva in questo caso non sarebbe corretto, perché qui non si tratta di sostituire gli ormoni prodotti dal corpo stesso (endogeni) con ormoni esterni (esogeni) come ad esempio fa la pillola anticoncezionale che blocca la produzione di ormoni sessuali per sostituirli con ormoni sintetici, o come fanno gli estrogeni in menopausa dopo che le ovaie ne hanno pressochè cessato la produzione.
Nella maggior parte delle terapie ormonali naturali, infatti, si tratta semplicemente di aggiungere piccole quantità di ormoni a quelle già prodotte dal corpo con lo scopo di raggiungere un livello fisiologico ottimale. In realtà un certo grado di soppressione, e quindi di sostituzione, si realizza comunque ma in media solo una piccola parte della produzione naturale è soppressa e questa soppressione è comunque temporanea.
Per questa ragione dovremmo forse usare il termine “terapia correttiva” invece di “terapia sostitutiva”.
La terapia ormonale correttiva con ormoni bioidentici si basa due presupposti fondamentali:
1) l’utilizzo degli ormoni nella stessa forma naturale prodotta ed utilizzata dal nostro organismo
2) l’uso di questi in dosi fisiologiche
il nostro scopo è quello di copiare il più possibile la natura, in modo da ottenere il massimo effetto col minimo rischio.
Questi due punti differenziano questo approccio da quello della terapia ormonale classica che utilizza spesso derivati sintetici degli ormoni naturali (ad esempio estro-progestinici o corticosteroidi sintetici) e li prescrive anche in dosi farmacologiche (o supra-fisiologiche) come terapia (spesso solo sintomatica) per alcune patologie e non come ripristino dell’equilibrio fisiologico di questi ormoni.
Gli ormoni bioidentici (come del resto le vitamine e tutte le sostanze naturali) sono molecole non brevettabili che quindi destano poco interesse nelle aziende farmaceutiche che preferiscono sviluppare derivati sintetici non esistenti in natura che però possano essere brevettati e commercializzati in esclusiva consentendo profitti molto maggiori. Purtroppo questo non sempre coincide con il miglior interesse dei pazienti.
Che differenza di approccio c’è tra un medico che si occupa di bio-endocrinologia e un endocrinologo comune?
La differenza nel trattamento è spiegata nella domanda precedente, qui posso aggiungere che il medico che si occupa di bio-endocrinologia basa una gran parte del suo esame del paziente sulla clinica, cioè sulla osservazione attenta dei sintomi e dei segni che questo presenta, oltre ad utilizzare anche metodiche non convenzionali utili per una corretta diagnosi, come questionari sui sintomi, misurazione degli ormoni steroidi nella saliva, o il metodo della temperatura basale di Barnes per la diagnosi dell’ipotiroidismo, ecc.
Inoltre, se e quando il bio-endocrinologo dovrà utilizzare ormoni per riequilibrare il paziente, lo farà utilizzando pressochè esclusivamente ormoni bioidentici in dosi fisiologiche, e non derivati sintetici in dosi farmacologiche. L’obiettivo sarà sempre quello di ottenere il massimo beneficio per il paziente riducendo al minimo il rischio di effetti collaterali.
L’uso della L-tiroxina è sempre da evitare preferendo invece un ormone bio-identico?
Sicuramente la tiroide secca (che altro non è che ghiandola tiroidea di maiale essiccata e confezionata sotto forma di compresse) ha dimostrato in quasi un secolo di uso di essere in grado di compensare perfettamente una tiroide ipofunzionante, ed ha sempre dato ottimi risultati fino a quando non è stata sostituita, negli anni ’70 del secolo scorso, dalla tiroxina (T4) sintetica che l’industria farmaceutica ha ritenuto (senza che fossero fatti seri studi al riguardo) superiore alla tiroide secca e sufficiente per trattare l’ipotiroidismo.
La tiroide secca, proprio perché è ghiandola intera, contiene non solo T4 (che in realtà è solo un precursore), ma anche T3 (che è la forma attiva dell’ormone stesso), oltre ad altri fattori meno conosciuti ma probabailmente importanti per un buon equilibrio tiroideo. Questo insieme di sostanze è in grado di compensare in maniera più armonica e soprattutto più efficace della sola tiroxina una eventuale carenza di ormoni tiroidei.
La tiroxina è stata proposta basandosi sul presupposto che essa, che è solo T4, verrà poi regolarmente convertita in T3 a seconda dei bisogni dell’organismo, ma questo purtroppo molte volte non avviene, per una serie di motivi che non possiamo affrontare qui ma che sono ben illustrati nel libro. In tutti questi casi la tiroxina non ci consentirà di correggere in maniera ottimale una carenza di ormoni tiroidei. In qualche caso questo succede, per cui ci snon pazioenti che stanno bene anche con la sola tiroxina, ma questi sono una netta minoranza.
Comunque il trattamento dell’ipotiroidismo è in realtà un po’ più complesso della diatriba fra tiroide secca o tiroxina sintetica, e spesso entrano in gioco anche altri fattori, come la carenza di certi nutrienti o la presenza di sostanze tossiche che rendono difficile il funzionamento della ghiandola o dei suoi ormoni. Per questo noi crediamo che l’utilizzo degli ormoni tiroidei sia sempre l’ultima scelta, e che prima si debba cercare per quanto è possibile di mettere la ghiandola nelle condizioni di poter lavorare al meglio, fornendole i nutrienti di cui ha bisogno e stimolandola opportunamente in modo naturale. Nei casi in cui questo approccio non sia sufficiente o non dia i risultati sperati si provvederà a considerare una terapia ormonale correttiva che preferibilmente preveda l’uso della tiroide secca invece che la tiroxina sintetica perché questa ha dimostrato una maggiore efficacia ed una migliore tollerabilità.
Nel suo libro, Ipotiroidismo, cita casi in cui i pazienti trattati con tiroide secca dopo alcuni mesi hanno riacquistato parzialmente l’uso della tiroide. Come mai allora, nella maggior parte dei casi chi soffre di ipotiroidismo viene trattato solo con L-tiroxina sintetica, che riduce invece il funzionamento della tiroide fino, in certi casi, alla sua atrofizzazione?
Il motivo per cui il paziente viene purtroppo trattato solo con tiroxina sintetica l’ho già spiegato più sopra, anche se ciò che provoca l’atrofizzazione della tiroide non è l’uso della tiroxina in sé, ma la carenza dei nutrienti necessari affinchè la ghiandola possa funzionare adeguatamente e produrre i suoi ormoni e/o la presenza di sostanze tossiche o di anticorpi che ne possono danneggiare irrimediabilmente la struttura.
Se per esempio una tiroidite autoimmune d Hashimoto non viene trattata cercando di ridurre l’infiammazione e di sostenere la ghiandola nutrendola adeguatamente, questa molto probabilmente con il passare degli anni finirà così danneggiata da ridurre drasticamente la sua capacità di produrre ormoni, il suo tessuto diventerà fibroso e il suo volume più piccolo, fino ad atrofizzarsi pressochè completamente. Per questo riteniamo non siano importanti solo gli ormoni da somministrare, ma che vada messa in atto tutta una strategia naturale di supporto affinchè la ghiandola in situazioni come questa subisca il meno danno possibile.